“Il capo perfetto”
Il Capo Perfetto (El buen patrón) di Fernando Leon de Aranoa – Spagna 2021 –
Chiudiamo la nostra breve stagione cinematografica, come da tradizione, con una commedia spagnola. Venti anni prima, con “I lunedì al sole”, lo stesso regista e l stesso attore, Javier Berdem, affrontavano le conseguenze della disoccupazione a seguito dei licenziamenti nei cantieri navali di Gijón. Il film mostrava forse una eccessiva retorica, ma raccontava la fine di un mondo, che era quello operaio. In questo film invece, virato in commedia acida, il mondo del lavoro viene visto dal punto di vista di un piccolo proprietario di una fabbrica di bilance. Il proprietario, Blanco, gestisce l’azienda con un approccio paternalistico, attraverso il quale viene attivato un controllo della vita dei dipendenti. Il titolo spagnolo ci riporta alla vera radice del significato di questo film: il termine patrón indica il capo, ma tradisce la propria origine, ovvero il termine “padrone”. Quindi non stiamo parlando di un buon capo, ma di un buon padrone.
Negli ultimi anni alcuni film (non italiani dove sembra che la questione non interessi), hanno cercato di raccontare il mondo del lavoro contemporaneo. In “In guerra” del francese Stéphane Brizé, il padrone non è identificabile, è una multinazionale anonima che non ha neanche una sede fisica. In “Un altro mondo” sempre dello stesso regista, il cui protagonista è un quadro aziendale, il lavoro è talmente totalizzante da mettere in crisi la famiglia e i dirigenti sono pixel su uno schermo, anonimi e disinteressati. Ma qualcosa nel mondo del lavoro sta succedendo: la pandemia ha provocato nelle persone una riflessione sulla propria condizione di vita, e negli Stati Uniti nell’agosto del 2021 circa 4,3 milioni di lavoratori hanno dato le dimissioni. La causa principale era legata alla sensazione di vuoto, inutilità e agli stipendi bassi. Nel settore della sanità e dell’educazione hanno abbandonato circa 570.000 addetti, il 25% dei quali non aveva alternative lavorative.
A differenza dei due film precedentemente citati, qui il capo c’è. Esiste fisicamente e vive tutti i giorni assieme ai suoi dipendenti. La sua gestione paternalistica certifica la fine del conflitto capitale – lavoro. In questo, come negli altri film citati, il sindacato è assente. Il conflitto è diventato individuale. L’operaio licenziato da Blanco, attua una protesta solitaria davanti all’ingresso della fabbrica, con slogan senza rima e l’unico rapporto che ha è con la guardia giurata che presidia l’ingresso, a sua volta un altro lavoratore.
Javier Berdem mostra le sue capacità recitative, sviluppando un personaggio che mostra tutta la sua ipocrisia, che rimane sottotraccia. Perché in realtà Blanco è simpatico e per certi versi si tifa per lui.
In conclusione, prestate attenzione alla immagine del cancello di ingresso della fabbrica e paragonatela alle immagini depositate nel vostro inconscio.
Francesco Castracane
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